Da nessuna parte in Ridefinire la nazione egiziana gli autori affermano che il loro libro è di fatto il secondo volume di un ampio e ambizioso progetto volto a tracciare il percorso del pensiero politico egiziano durante il XX secolo – ma lo è. Il primo volume spiega come gli egiziani siano passati da un orientamento più tradizionale islamico e ottomano prima della Prima guerra mondiale a un nazionalismo egiziano all'occidentale negli anni Venti; e da qui poi un secondo cambiamento che vede un ritorno a un orientamento islamico e arabo più moderno. Gershoni e Jankowski trovano l'oro nei periodici e nei libri dell'epoca; grazie a innumerevoli e approfondite letture, i due autori riescono a fornire, come essi lo chiamano, "un saggio sull'auto-comprensione egiziana".
Insieme i due volumi ispirano diverse riflessioni. Innanzitutto, essi documentano la restrizione e l'ampliamento della consapevolezza egiziana; i processi nelle due epoche vanno nelle direzioni quasi opposte. In secondo luogo, il periodo in mezzo, gli anni Venti, si distingue per essere "un'era unica nella storia dell'Egitto moderno", poiché è stata un'epoca in cui i costumi europei ebbero la meglio su quelli islamici. In quei pochi anni, i faraoni e il Nilo attirarono gli egiziani più di quanto fece il Corano e la lingua araba. In terzo luogo, il nazionalismo rivolto all'esterno, esistente nel 1945, fornì le munizioni intellettuali e retoriche a Gamal Abdel Nasser, che salì al potere nel 1952; tutto ciò che egli doveva fare era aggiungere potere politico e popolarizzare un'ideologia esistente. In quarto luogo, il sottoscritto, in veste di recensore, spera che Gershoni e Jankowski continuino la loro collaborazione per almeno altri due periodi, 1945-1970 (l'apogeo del nazionalismo panarabo) e dopo il 1970 (il ripiego nel nazionalismo? La crescita dell'Islam fondamentalista?