Waines spiega nell'introduzione della sua ricerca ben scritta e originale che ha trovato "più appropriato per il presente presentare il Corano e il Profeta Maometto come i musulmani potrebbero ravvisarli piuttosto che come gli altri li hanno descritti". Quest'asserzione che all'apparenza non ha nulla di eccezionale, ed è davvero innocente, punta in realtà a un profondo cambiamento nella presentazione dell'Islam ai lettori occidentali. Per secoli, gli studiosi europei hanno interpretato la fede religiosa attraverso il loro prisma, che sia cristiano, illuminato o marxista. Ora non è più così: la decisione di Waines di presentare l'Islam in termini musulmani è qualcosa con cui quasi tutti i suoi colleghi specialisti sarebbero d'accordo.
Purtroppo, però, quando si tratta del periodo contemporaneo, questa prospettiva degenera in apologetica, per mezzo della quale l'autore si scusa per i musulmani fondamentalisti e per gli attacchi all'Occidente. Per meglio dire, egli disdegna il termine fondamentalista, convenendo con chi è stato così etichettato che questo vocabolo è stato utilizzato in modo "pressoché indiscriminato" per accomunare dei gruppi "considerati antioccidentali". Waines trova il termine "svilito e con poco senso". Con un po' di bizzarro revisionismo, l'autore condanna gli Stati Uniti per avere una "casta bianca dominante" ed elogia la Nazione dell'Islam per aver dato "un senso di dignità e uno scopo" ai suoi primi conversi e per aver poi "rinnovato la vita di numerose comunità nere urbane". Egli dichiara altresì che la NoI [Nazione dell'Islam] "può essere accolta" in seno al pensiero musulmano radicale. Il libro termina con una speculazione sulla scomparsa del "modello laico occidentale della società" e "l'imperativo culturale" di un modello islamico che lo rimpiazzi.