"Era ora" è stata la reazione della critica a una raccolta di saggi che riesamina l'esperienza di Atatürk nella laicità e l'orientamento verso l'Occidente una sessantina d'anni dopo. I saggi, quasi tutti scritti da turchi, offrono delle analisi di ottima qualità utilizzando un linguaggio squisitamente tecnico su argomenti come l'architettura, le donne e la cultura.
La parte migliore del volume è rappresentata indubbiamente da un modesto scritto di 12 pagine. "La ricerca del sé islamico nel contesto della modernità", di Nilüfer Göle, docente di sociologia all'Università Bogaziçi di Istanbul. La Göle dimostra che esiste un enorme baratro culturale fra gli ideali di occidentalizzazione dei sostenitori di Atatürk e ciò che c'era prima, poi spiega come gli islamisti di oggi cerchino di "mantenere un'identità separata da quella dell'Occidente dominante". In altre parole, piuttosto che considerare gli islamisti come prodotti delle economie fallite, lei mostra la dimensione culturale assai importante dei loro sforzi. Per illustrare questi punti, la Göle esamina più a fondo la questione del corpo, specie quello femminile, e contrappone le nozioni occidentali di cura ed esposizione ai concetti islamici completamente differenti. E infine la sociologa conclude rilevando il paradosso della musica pop islamica e delle sfilate di moda: due elementi che esprimono l'onnipresenza della modernità occidentale.
Tutto questo dovrebbe essere lapalissiano, ma non è così; la maggior parte degli analisti di Islam prestano troppo poca attenzione alla cultura, attratti come sono dal benessere materiale. La Göle mostra in modo conciso perché hanno torto.