Gli arabofoni possono affermare che il Profeta Maometto sia uno di loro, ma gli iraniani hanno diritto a vantarsi quando si tratta di trasformare una religione del deserto in una civiltà mondiale e questo è ciò che fa rimarcare il presente volume, costruito intorno a una conferenza tenuta alla University of California a Los Angeles, in onore di Ehsan Yarshater. Lo stesso Yarshater prende l'iniziativa, offrendo un saggio che occupa quasi la metà del volume, in cui egli mostra che "la presenza persiana fra gli arabi risale all'epoca preislamica", avendo in questo modo avuto un'influenza sulla cultura nella quale l'Islam è apparso inizialmente e che in seguito fu diffusa nel mondo con la religione islamica. Inoltre, Yarshater e i suoi colleghi mostrano come i costumi iraniani fossero profondamente influenzati sia dall'Islam stesso (come i concetti di liberazione messianica, le cinque preghiere quotidiane e la pratica della purezza rituale) sia dalla nascente società musulmana. Ad esempio, in ambito governativo, l'isolamento dei governanti, l'indossare abiti lussuosi, l'istituzione del qadi (il giudice religioso) e del diwan (il dipartimento governativo) risalgono tutti a dei precedenti iraniani. Tra gli altri settori d'influenza, l'architettura, il conio, la farmacologia, la tecnica militare, la musica e le pratiche di segretariato. Nel complesso, Yarshater rileva che la prima fase della civiltà islamica era araba, la seconda persiana. Altri autori nel volume esaminano a fondo temi come l'astronomia, la poesia, il misticismo, la pittura e la scrittura della storia. Di particolare interesse è un capitolo finale, scritto da Gerhard Doerfer, sull'enorme influenza della lingua e della letteratura persiana fra i turchi. Complessivamente, questo volume dimostra che l'Iran e la sua cultura hanno avuto un'influenza profonda, pervasiva e duratura sull'Islam e attraverso quest'ultimo essi hanno raggiunto territori disparati come l'Europa Orientale e l'India.