Jansen, docente dell'Università di Leiden, nei Paesi Bassi, è uno degli scrittori più astuti e temerari sull'Islam fondamentalista. Il suo titolo evidenzia il dato di fatto piuttosto banale che l'Islam fondamentalista "è politica e religione al tempo stesso", ma il volume offre la profonda comprensione di questo fenomeno da parte dell'autore, che lo definisce come "un'insolita combinazione di logica, religione, politica e violenza".
Jansen mostra come l'Islam fondamentalista sia una "religione circoscritta a un'ideologia", ma è ancora una religione, benché si occupi del potere terreno. Egli stabilisce che non è una protesta contro l'essere povero ma è sempre una forma efficace di propaganda "perché il pubblico cui si rivolge ama sentirla". I due capitoli sulle attitudini dei fondamentalisti verso gli ebrei e le donne sono tra i più incisivi di tutto il libro. Ma il capitolo più interessante potrebbe essere quello che riguarda "il fallimento dell'alternativa liberale", in cui Jansen sostiene che gli anti-fondamentalisti "non hanno altre armi all'infuori delle parole" e pertanto sono fortemente sconfitti rispetto ai fondamentalisti, che hanno grandi masse di seguaci.
Il libro di Jansen non è tanto uno studio sistematico quanto una serie di riflessioni espresse da una mente originale e audace, che si concentra principalmente sull'Egitto. Egli legge autori che altri si limitano a citare come Faraj, Fuda e Shukri Mustafa. Jansen non rampogna solo i fondamentalisti, ma anche gli ulema e i colleghi orientalisti per le assurdità e gli errori di logica. L'Islam, lui dice, deve essere ovviamente tollerato in una società aperta, "ma questa tolleranza si estende anche all'integralismo islamico?" Sì, egli replica, se è una forma legittima di Islam; non è così, se invece è un'ideologia politica.