I libri di Baker sulle epoche di Abdel Nasser e Sadat, tra il 1954 e il 1981, rivelano la sua familiarità con la scena politica egiziana; parafrasando le sue parole, Baker ha fatto "un viaggio in un mondo intellettuale, culturale e morale, nel quale io non sono nato ma dove non mi sento più uno straniero". Islam without Fear mostra chiaramente i punti deboli e di forza di questo viaggio. Il lato positivo è che Baker, non solo conosce il suo argomento, ma ha un'idea della scena egiziana, degli islamisti e non solo. La sua inchiesta sui "Nuovi islamisti" – un gruppo di egiziani di spicco (come Kamal Abul Magd, Muhammed Selim al Awa, Tareq al Bishry, Muhammad al Ghazzaly, Fahmy Huwaidy e Yusuf al Qaradawy) all'avanguardia dello sviluppo ideologico islamista – è documentata, intelligente e versatile. L'autore documenta le loro idee, valuta i loro successi e i fallimenti e ne rileva l'importanza.
Il lato negativo è che Baker, docente di politica internazionale al Trinity College di Hartford, ha perduto il senso dell'obiettività e ha abbracciato piuttosto la visione di questi Nuovi islamisti per i quali lui fa da capo della tifoseria di lingua inglese. Rimaneggiando lo stupido e screditato traslato che distingue tra islamisti moderati ed estremisti, Baker tratta i personaggi di spicco del movimento totalitario più dinamico del mondo con aperto e imbarazzante entusiasmo (centristi, positivi, che ispirano ammirazione, umani e non crudeli sono aggettivi che li caratterizzano e che appaiono nelle prime cinque pagine del libro). Peggio ancora, lo studio contiene un elemento d'inganno, una dissimulazione dei problemi, simboleggiato dal lungo resoconto di Baker di un dibattito che fece notizia nel gennaio 1992 tra Qaradawy e un ultrasecolarista di nome Farag Foda, ma lui non menziona che questo cambiamento ha contribuito direttamente all'assassinio di Foda avvenuto cinque mesi dopo per mano di un terrorista islamista.