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![]() Daniel Pipes che parla al David Horowitz Freedom Center, il 12 novembre 2022. |
Dopo l'invasione russa del 24 febbraio, c'è stato un massiccio flusso in uscita di ucraini verso l'Europa. Ormai, sono circa 8 milioni, una parte consistente della popolazione ucraina. E quando sono arrivati erano felicissimi. "Abbiamo tutto, proprio tutto, anche troppa roba. Le persone qui sono fantastiche, davvero generose, non ci aspettavamo così tanta solidarietà". "È incredibile quanto aiutino. Ci hanno dato tutto quello che avevano."
Dunque, tutto questo è meraviglioso. Il fatto che l'Unione Europea abbia deciso di concedere loro un nuovo status, qualcosa chiamato meccanismo di protezione temporanea, in modo che possano vivere fino a tre anni nei 27 Stati membri dell'Europa, è meraviglioso. Hanno assistenza sanitaria, alloggio e istruzione. Hanno soldi, hanno tutto. È fantastico. Penso che sia davvero fantastico. Anche noi [gli americani] abbiamo contribuito. Abbiamo destinato più fondi in aiuti di quanto abbiamo fatto per qualsiasi crisi di rifugiati dal 1939 al 1945, ossia dalla Seconda guerra mondiale.
Ma qui c'è un pericolo. I fautori del multiculturalismo e della politica delle frontiere aperte si sono ampiamente avvalsi dell'esempio ucraino per sostenere che qualsiasi risposta meno generosa ai migranti provenienti dall'Africa, dal Medio Oriente e dall'Asia meridionale costituisce razzismo, xenofobia e la cosiddetta islamofobia. Sebbene in questo momento di particolare attenzione prestata agli ucraini ciò passi in sordina, dopo che l'attuale crisi sarà finita quella linea di ragionamento emergerà sicuramente in maniera evidente e diventerà una forza. Penso che ora sia il momento di riconoscere il pericolo che rappresenta e contrastarlo.
Innanzitutto, i migranti non occidentali hanno visto i rifugiati arrivare principalmente in Europa, ma anche negli Stati Uniti, e hanno protestato. Un afgano in Germania ha osservato: "Gli ucraini sono rifugiati di prima classe e noi siamo solo di seconda classe". Un interprete afgano ha aggiunto: "Il popolo ucraino può andare liberamente nei Paesi europei, ma noi dove fuggiamo?" Un nigeriano ha detto: "Gli ucraini ottengono tutti questi benefici e a noi non ci viene offerto nemmeno un bicchiere d'acqua".
Di fronte a questa sfida, politici e giornalisti in Europa e negli Stati Uniti hanno offerto spiegazioni assurde e imbarazzanti. L'ex vice procuratore generale dell'Ucraina ha dichiarato che "la situazione in Ucraina è molto toccante per me perché vedo europei con occhi azzurri e capelli biondi che vengono uccisi (...) ogni giorno". Il primo ministro bulgaro ha affermato: "Gli ucraini sono europei. Queste persone sono intelligenti, sono istruite. Questa non è l'ondata di profughi a cui siamo abituati, persone di cui non eravamo sicuri della loro identità, persone con un passato oscuro, che avrebbero potuto essere anche dei terroristi. In altre parole, ora non c'è un solo Paese europeo che non abbia paura dell'attuale ondata di profughi, pertanto, in sostanza, c'è una sorta di qualità razziale, di qualità educativa e via dicendo".
Queste spiegazioni stravaganti hanno portato a una raffica di reazioni di sdegno, con accuse di pregiudizio, fanatismo, discriminazione e di orientalismo. Il Washington Post ha fatto da apripista con ben otto articoli in due mesi sull'argomento, uno a settimana. In uno di questi pezzi si legge: "Sebbene l'Europa sia relativamente unita nel suo desiderio di aiutare gli ucraini, alcuni si sono chiesti perché una simile protezione temporanea non sia stata offerta agli afgani in fuga, ad esempio, o per aiutare altri richiedenti asilo a raggiungere le coste europee". Un altro articolo riporta: "I Paesi [europei] che solo pochi anni fa si sono sollevati per protestare contro l'arrivo di migranti in fuga da guerre e dall'estremismo in Medio Oriente e in Nord Africa stanno improvvisamente accogliendo centinaia di migliaia di rifugiati". Ad Atene, un nigeriano ha detto: "Sento la gente dire: 'Tutte le vite contano', ma no, non contano tutte allo stesso modo. Le vite dei neri contano meno".
A mio avviso, tali critiche hanno uno scopo, che è quello di far sentire colpevoli gli occidentali e trasformare in tal modo l'esperienza ucraina nel modello per il mondo intero. Tutti gli immigrati, senza eccezioni, devono essere accolti come quelli provenienti dall'Ucraina.
Il ministro degli Esteri del Qatar ha tuonato sul fatto che gli ucraini se la passino meglio di siriani, palestinesi, libici, iracheni e afgani. Ha poi chiesto che la crisi ucraina fungesse da "campanello d'allarme" per la gestione delle questioni mediorientali con lo stesso livello di impegno. Il presidente francese Emmanuel Macron non è stato così esplicito, ma ha affermato che "questa crisi rammenta ad alcuni seduti attorno al tavolo e che hanno mostrato meno solidarietà quando la pressione migratoria è arrivata da altri confini d'Europa che è un bene che l'Europa sia totalmente solidale e responsabile insieme". Secondo una dei dirigenti di Human Rights Watch, "l'enorme empatia e solidarietà nei confronti degli ucraini dovrebbe estendersi a chiunque abbia bisogno". Si noti l'espressione chiunque abbia bisogno, che definisce un gruppo di persone potenzialmente illimitato. Chiunque abbia bisogno significa rifugiati, richiedenti asilo, migranti e così via dicendo.
Ovviamente, ci sono enormi differenze tra i profughi ucraini e i migranti irregolari che arrivano da tutto il mondo. Ho documentato circa 13 differenze. Non le esaminerò qui, ma osserverò soltanto che gli ucraini sono veri profughi. Sono anziani, donne e bambini. Non ci sono uomini. I giovani stanno combattendo. Invece, nel caso dei profughi siriani arrivati tra il 2015 e il 2016, erano per lo più giovani uomini. La seconda differenza è data dalle valide competenze degli ucraini che li hanno portati a trovare subito lavoro contrariamente all'incapacità di trovare occupazione da parte di così tanti immigrati irregolari provenienti dal resto del mondo. Buona cittadinanza contro criminalità. Somiglianze culturali contro differenze. E numeri contenuti contro numeri illimitati. C'è solo un certo numero di ucraini, se guardate ai migranti provenienti dal resto del mondo, il numero è illimitato.
In breve, il contrasto è netto. Da un lato, ci sono gli ucraini, una popolazione di dimensioni limitate e simili per cultura, lingua, religione e abilità, in fuga da un attacco genocida. Dall'altro lato, ci sono popoli con culture straniere, lingue aliene, spesso con una religione storicamente rivale, che covano varie forme di ostilità, arrivando in gran numero senza permesso per migliorare se stessi a livello economico nonostante un livello generalmente basso di competenze.
Pertanto, quest'analisti porta a tre conclusioni. In primo luogo, non sorprende che le reazioni occidentali all'arrivo dei profughi ucraini e non occidentali varino tanto quanto i due gruppi stessi e non dovrebbero causare imbarazzo. Piuttosto che flagellarsi per aver accolto gli ucraini, europei e americani dovrebbero essere orgogliosi di questa generosa accoglienza.
In secondo luogo, l'accoglienza riservata ai profughi ucraini non può diventare il modello per tutti gli immigrati provenienti da ogni luogo, in ogni circostanza e in ogni momento. Occorre continuare a fare distinzioni. Soccombere alle pressioni che riportano l'Europa alla sua immigrazione illegale del 2015-2016, quando chiunque da qualsiasi luogo poteva entrare, significa portare il caos e indurre il crollo della civiltà occidentale.
Infine, la crisi ucraina evidenzia la necessità di pensare in termini di aree culturali. Questo è un punto che sottolineo da anni e a cui essenzialmente nessuno ha prestato attenzione. Credo che ogni regione del mondo, ogni regione culturale, in senso lato – America Latina, Africa, Medio Oriente, Asia meridionale, Sud-Est asiatico e così via – dovrebbe accogliere i propri profughi, i propri migranti. Pertanto, i mediorientali dovrebbero andare in Medio Oriente, gli africani in Africa e gli europei in Europa. Cosa potrebbe esserci di più naturale? L'ondata di profughi ucraini ha rivelato come nessun altro evento dalla Seconda guerra mondiale che l'Occidente è il rifugio naturale per le sue stesse popolazioni, e non per quelle del mondo intero.