Due icone, l'intrepido duo, sono il compianto Richard Pipes, professore emerito presso il Baird Research Center della Harvard University, e suo figlio, Daniel Pipes.
Richard Pipes (a sinistra) e suo figlio Daniel Pipes. (Fonti delle immagini: Wikimedia Commons) |
Mentre Richard Pipes, "un'autorità mondiale" o il decano degli storici della Russia, pose come obiettivo prioritario della sua vita l'analisi e lo smascheramento dell'ingenua utopia romantica del bolscevismo e dei suoi pifferai magici sovietici della tirannia agli occhi della civiltà occidentale; Daniel Pipes, un esperto globale di Medio Oriente allo stesso modo analizza un'altra civiltà. La missione di quest'ultimo è quella di sensibilizzare gli americani – attraverso copiosi scritti e vari progetti in difesa della civiltà occidentale – sulle attuali minacce del terrorismo islamista, sulla coercizione religiosa e sull'immigrazione di massa.
Il compianto Richard Pipes, che è morto il 17 maggio 2018 all'età di 94 anni, è stato membro dello staff del Consiglio per la sicurezza nazionale del presidente Reagan ed era considerato da molti l'artefice della Dottrina Reagan. Suo figlio, Daniel Pipes, ha fondato e dirige il Middle East Forum, un think-tank con sede a Philadelphia, che festeggia attualmente il suo 25° anniversario. È altresì l'editore del Middle East Quarterly.
Richard e Daniel Pipes sono considerati intrepidi perché non si sono mai uniti al gregge accademico né sono diventati apologeti di leader stranieri o nazionali. Sono rimasti degli studiosi imparziali – anche solitari – impegnati a parlare degli avvenimenti mentre li scoprivano. Entrambi sono stati fraintesi e calunniati. Richard Pipes è stato etichettato come un "intransigente antisovietico" e un "guerriero freddo", anche se le sue raccomandazioni politiche erano realistiche e, a volte, perfino morbide.
Daniel Pipes è stato ingiustamente ed erroneamente definito un "islamofobo", mentre, in realtà, sostiene coloro che cercano di riformare l'Islam e li incoraggia come alleati del mondo libero.
Richard Pipes e la creazione della Dottrina Reagan
Richard Pipes, uno storico di Harvard e scrittore prolifico, dimostrò in molti dei suoi libri che la "Rivoluzione" russa dell'ottobre 1917 era stata effettivamente un colpo di Stato militante, condotto da un gruppo ben organizzato di cospiratori di tipo giacobino – quasi senza coinvolgimento delle masse. Purtroppo, i sogni utopistici di numerosi comunisti benintenzionati – che immaginavano una società senza classi e contraddistinta dalla giustizia sociale – in realtà sfociarono nella morte di 20 milioni di persone e paragonabile agli orrori della Germania nazista.
Fino al 1982, le idee americane su come affrontare l'Unione Sovietica erano sancite da una "politica di contenimento" sviluppata dal diplomatico americano George Kennan. Delineata inizialmente nel 1947, tale dottrina esortava a contrastare la pressione sovietica attraverso "l'applicazione accorta e vigile di una forza antagonista mirata a una serie di punti geografici e politici costantemente in movimento, corrispondenti alle mosse e alle manovre della politica sovietica".
Richard Pipes, tuttavia, direttore dell'ufficio per gli affari sovietici e l'Est europeo presso il National Security Council, il Consiglio per la sicurezza nazionale, alla Casa Bianca, nel 1981-1982, aveva un'altra visione. Per lui, era necessario non solo cercare la convivenza con l'Unione Sovietica, ma anche produrre un profondo cambiamento nel sistema sovietico.
Egli scrisse un memorandum al presidente Ronald Reagan rilevando di aver riscontrato una profonda crisi economica nell'Unione Sovietica causata dalla militarizzazione della Russia e dalla sovra-espansione geopolitica. "Il mio contributo principale", osservò in seguito, "ha rivelato i difetti nella politica di distensione e ha sollecitato una politica volta a riformare l'Unione Sovietica attraverso una strategia di sfida economica". In altre parole, l'Urss poteva essere cambiata dall'interno aumentando esponenzialmente i costi della sua politica aggressiva.
Come da lui previsto, la Russia, con la sua economia debole, così come il faraonico programma militare di Reagan (simile a quello del presidente americano Donald J. Trump) e l'uso di strumenti economici quali la riduzione del prezzo del petrolio, come proposto dal direttore della CIA William Casey, ma soprattutto il sostegno fornito dall'America ai combattenti anti-sovietici in molte regioni teatro di conflitti (ad esempio, in Afghanistan, Nicaragua e in Angola) avrebbero danneggiato a tal punto l'economia russa da incoraggiare la comparsa di riformatori sovietici. Questi ultimi, poi avrebbero "... esercitato pressioni per una modesta democratizzazione economica e politica". Pertanto, "...i successori di Brezhnev", preconizzò Richard Pipes, "possono con il tempo dividersi in fazioni 'conservatrici' e 'riformatrici'".
Il presidente Ronald Reagan era d'accordo con lui, e nel gennaio del 1983 emise una direttiva presidenziale, la "NSDD-75" modificando radicalmente gli obiettivi fondamentali della politica estera americana perseguiti dalle precedenti amministrazioni dai tempi del presidente americano Henry S. Truman.
I membri più importanti degli esperti di Russia di stampo liberale in America, in particolare quelli associati alla Columbia University, erano in netto disaccordo con le previsioni audaci e rivoluzionari di Richard. Come Robert Legvold, docente alla Columbia University, scrisse nel 1982, "Pipes ha torto nell'asserire che esiste una netta divisione tra due fazioni [in Unione Sovietica]. Qualsiasi politica americana volta ad assicurare che un gruppo inesistente di moderati arriverà al potere è una chimera".
Pipes dimostrò di avere ragione.
Boris Yeltsin, l'odiato avversario
Quando gli studiosi sovietici finirono per accettare che Pipes aveva ragione e un gruppo di autentici riformatori era sorto alla fine degli anni Ottanta, i leader degli studi russi alla Columbia e alla Princeton University erano ipnotizzati dallo statista sovietico Mikhail Gorbachev. Scrisse Legvold: "Un fattore chiave nella fine della guerra Fredda fu la decisione di Gorbachev di non ricorrere all'uso della forza per sopprimere le aspirazioni riformatrici nell'Europa orientale".
Questa valutazione, tuttavia, non è del tutto corretta. In decine di interviste ad Alexander Yakovlev (nel settembre del 2000) e ad altri eminenti democratici russi, per un libro di prossima pubblicazione dal titolo Russia's Democratic Revolution ["La rivoluzione democratica della Russia"], Yakovlev ha rivelato che, mentre aumentavano le pressioni esercitate dall'Europa orientale nei confronti dell'Urss in Ungheria e in Polonia, lui e pochi altri consulenti sovietici, mesi prima, avevano proposto di sbarazzarsi del Muro di Berlino. L'opposizione russa al Congresso dei deputati del popolo – guidato da Andrei Sakharov e Boris Yeltsin – avevano anche chiesto sostegno per i drastici cambiamenti in Europa orientale. Il presidente Reagan, ovviamente, un anno prima aveva detto: "Signor Gorbachev, abbatta questo muro".
Anche dopo che Yeltsin, circondato dai riformatori radicali e da donatori occidentali, era diventato il leader della Russia post-sovietica, molti degli apologeti di Gorbachev continuarono ad adorare il loro uomo.
Pipes riscatta Alexander Yakovlev
Se si vuole capire cosa sia realmente accaduto in Unione Sovietica, occorre leggere l'ultimo libro di Richard Pipes, Alexander Yakovlev, the Man Whose Ideas Saved Russia from Communism ["Alexander Yakovlev, l'uomo le cui idee salvarono la Russia dal comunismo"]. E bisogna anche leggere le memorie di Yakovlev, disponibili in russo Omyt Pamiati: Ot Stolypina do Putina ["Turbine di memoria: Da Stolypin a Putin"] (Moscow: Vagrius, 2001).
Come dimostrò Richard Pipes, il vero artefice della perestroika, della glasnost (la censura ridotta) e del "nuovo pensiero" che includeva il disarmo e respingeva l'obiettivo di una rivoluzione comunista mondiale, non era Gorbachev, che rimase un comunista riformatore. Era il suo consigliere capo: Yakovlev, dal basso profilo, che presiedeva le tre commissioni che si occupavano dei nuovi concetti.
Come affermato dall'archivio della Sicurezza Nazionale, "I documenti di recente pubblicati dalla Collezione Yakovlev dell'Archivio di Stato della Federazione russa (GARF) mostrano la portata senza precedenti delle questioni su cui Alexander Yakovlev esercitava influenza all'interno dei circoli decisionali sovietici sotto Gorbachev. Sebbene in genere si associ Yakovlev alla glasnost e alla democratizzazione, è diventato chiaro che era anche un riformatore chiave quando si trattava di controllare le armi ("svincolare" la posizione del "pacchetto" sovietico sui negoziati per il controllo delle armi nucleari) e l'economia sovietica".
L'entità del lavoro di Yakovlev e i suoi successi come principale consigliere di Gorbachev sono fino ad oggi purtroppo poco apprezzati, probabilmente a causa degli apologeti di Gorbachev. Non c'era nemmeno una biografia completa di Yakovlev fino a quando Pipes non realizzò il progetto. Autentico statista, Yakovlev consigliò i leader mondiali non solo in merito agli affari esteri ma anche interni, e inoltre fu a capo di una prestigiosa commissione per l'autenticazione della storia russa. Forse perché Gorbachev lo teneva nell'ombra, ci volle del tempo prima che la sua preminenza emergesse.
Gorbachev sembra essere stato un centrista che ha fluttuato a fatica tra riformatori e reazionari, mettendoli talvolta gli uni contro gli altri. Purtroppo, lo stesso gruppo di esperti che sembra avere adorato Gorbachev e disprezzato Yeltsin, abbandonò Yakvlev quando quest'ultimo lasciò che Gorbachev si unisse al campo di Yeltsin. Essi continuarono ad aggrapparsi a Gorbachev anche quando i golpisti del 1991 cercarono di reclamare l'impero e Yeltsin li fermò.
Il sostegno offerto da Pipes a Yakovlev fu probabilmente il motivo per cui Richard Pipes ebbe difficoltà a trovare un editore.
Pipes verosimilmente fu profondamente deluso dal fatto che il suo ultimo libro non fu ben accolto e recensito. Tuttavia, il messaggio finale del suo volume è che se un uomo come Yakovlev può emergere al Cremlino, non dobbiamo mai rinunciare alla speranza nella Russia. Pipes forse sarà vendicato da una nuova generazione di studiosi che, guardando oltre Yakovlev, rimarranno sorpresi da ciò che troveranno.
Daniel Pipes: Modernizzare l'Islam a livello globale è l'obiettivo finale della guerra al terrore
A differenza di suo padre, che rimase un famoso storico nonostante il ruolo avuto nel governo statunitense, Daniel Pipes, laureato alla Harvard University, ha lasciato le torri d'avorio del mondo accademico e ha orientato la sua vita verso l'attivismo. Dopo l'attacco dell'11 settembre all'America, Daniel rilasciò una serie di interviste e predisse una guerra asimmetrica e la comparsa di gruppi terroristici che non avrebbero potuto di nuovo attaccare il bastione americano della democrazia da lontano, ma che avrebbero cercato di infiltrarsi in tutti i settori della nostra società e distruggerla dall'interno.
"La cosa più difficile da comprendere per gli occidentali", ha scritto Daniel Pipes, "non è che è in corso una guerra con l'Islam militante, ma rendersi conto della natura dell'obiettivo ultimo del nemico. Questo obiettivo consiste nell'applicare ovunque nel mondo la legge islamica (la Shari'a). Per ciò che riguarda gli Stati Uniti, ciò significa rimpiazzare la Costituzione con il Corano".
"Quest'ambizione è talmente remota e inverosimile per numerosi non-musulmani, tanto da suscitare più risate che apprensione. Naturalmente, anche in Europa la reazione è stata la stessa e ora è opinione comune che, come disse Bernard Lewis, "l'Europa sarà islamica entro la fine del secolo".
A sostenere Daniel Pipes è il National Center for Constitutional Studies che spiega quali sono i numerosi modi in cui la legge della Sharia "respinge" i cardini fondamentali della società e dei valori americani.
A capo del suo Middle East Forum, Daniel divide il suo lavoro in due punti principali. Innanzitutto, la cruciale differenza tra l'Islam, la fede, che è una religione venerabile, e l'Islam militante, basato sulla legge della Sharia, che, secondo lui, non lo è. Egli osserva altresì che fra gli stessi musulmani c'è una lotta per l'essenza dell'Islam.
Mentre Richard Pipes, un sostenitore dell'idea di democratizzare il regime totalitario russo, era spesso e prevedibilmente etichettato come un russofobo, suo figlio talvolta viene erroneamente considerato un "islamofobo". Nulla di più sbagliato. In realtà, Daniel sostiene i musulmani moderati: "...Sebbene i musulmani moderati sembrino deboli – e di fatto lo sono – [come i democratici di Yakovlev in Russia], hanno un ruolo cruciale da svolgere, perché solo loro possono riconciliare l'Islam con la modernità...".
Militant Islam Reaches America ("L'Islam militante giunge in America") è uno dei libri più importanti e coinvolgenti di Daniel Pipes il quale tratta alcune delle grandi questioni che ora l'America si trova a dover affrontare. Nel volume, egli rivela che l'Islam militante ha molto in comune con il fascismo e il comunismo e che, "elementi significativi in seno agli Stati Uniti devono necessariamente intraprendere il difficile compito di".... modernizzare globalmente l'Islam – il fine ultimo della guerra al terrorismo". Come farlo, sembra la sfida.
A livello operativo, il think-tank di Daniel Pipes, il Middle East Forum, sponsorizza diversi progetti importanti, come Campus Watch, che cerca di denunciare "... la politicizzazione e i pregiudizi degli studi sul Medio Oriente, nelle università nordamericane", oltre a fornire un Campus Speakers Bureau e un Programma di stage per studenti. Altri progetti includono Islamist Watch, che traccia il terrorismo in tutto il mondo, e il Legal Project, che cerca di tutelare i ricercatori e gli analisti che trattano "tematiche riguardanti il terrorismo, il finanziamento del terrorismo e l'Islam radicale, in azioni legali volte a mettere a tacere l'esercizio della libertà di espressione. Alcune di tali azioni legali sembrano essere state intraprese per" ... mandare sul lastrico, distogliere, intimidire e demoralizzare gli imputati.
Un Piano per la Vittoria di Israele
Mentre la NSDD-75 di Richard Pipes era un progetto per la vittoria americana nella guerra Fredda, Daniel Pipes ha sviluppato un piano per l'Israel Victory Project (nel 2017, oggi la campagna più importante del Forum.) Tale piano invoca la sconfitta della causa persa palestinese finalizzata a eliminare Israele, abbandonando così i negoziati finora inutili. "I conflitti in genere finiscono," egli argomenta, "quando una parte si arrende".
Daniel Pipes sostiene che, paradossalmente, i palestinesi se la passerebbero molto meglio se fossero sconfitti; potrebbero porre fine alle loro fantasie di genocidio e, come la Germania del secondo dopoguerra, potrebbero iniziare finalmente a edificare una società civile costruttiva e prospera. Come suo padre, Daniel Pipes ha incontrato molte resistenze. Il suo Israel Victory Project non fa eccezione. Una visione spassionata nei confronti di questa proposta non sarà di certo accolta con favore in molti ambienti
Ma a quanto pare Pipes è abituato a questo. Si è ritrovato bandito da un alleato della NATO, la Turchia per aver detto ciò che pensa. Partecipando a una conferenza organizzata da un think-tank a Sofia, in Bulgaria, nel 2017, gli è stato chiesto se la Turchia – intendendo il suo presidente Recep Tayyip Erdoğan – fosse "un partner o una minaccia".
"Non oserò ritornare in Turchia, perché sono critico, come avete sentito, del governo e, in particolare, perché ho appoggiato il golpe del 15 luglio, una posizione che è assolutamente oltraggiosa in Turchia.".
"Erdoğan", egli spiega altrove, "è un islamista che inizialmente ha agito nel rispetto delle regole democratiche. Ma col passare del tempo è diventato sprezzante di queste regole, specie di quelle elettorali. Ha monopolizzato i media statali, ha tacitamente incoraggiato le aggressioni fisiche ai membri dell'opposizione e pilotato i voti".
Daniel Pipes racconta poi di aver detto all'ambasciatore turco: "E così, lasci che le chieda, signor ambasciatore, sarebbe sicuro per me andare in Turchia e trascorrere del tempo lì o semplicemente fare scalo in aeroporto? (...) Sarebbe sicuro per me recarmi in Turchia?"
E Kemal Ökem replicò: "Se lei dice che appoggia il fallito colpo di Stato (...) le consiglierei di non recarsi lì, perché lei sarebbe un complice, sarebbe considerato un complice. [Risate] (...) Insomma, le consiglierei di trovare un buon consulente legale prima di recarsi in Turchia". [Corsivo aggiunto]
Conclusioni
A Richard Pipes saremo eternamente grati per aver contribuito a smascherare le fantasie "socialiste" di molti nella sinistra americana, che ancora spesso le promuovono, specialmente tra i giovani. Vengono in mente i radicali degli anni Sessanta, come il candidato alla presidenza degli Stati Uniti, Bernie Sanders. Nel tracciare il percorso di Yakovlev da autocrate dell'apparatchik a sostenitore del comunismo riformatore e a vero democratico, Richard Pipes ipotizzò che la via battura da Yakovlev sarebbe stata seguita, auspicabilmente, da nuove generazioni di democratici russi.
Dobbiamo a Daniel Pipes il grido di allarme che ancora non è stato apprezzato. La portata dell'infiltrazione in America dei dispensatori della legge della Sharia non è stata ancora individuata e nemmeno ammessa. La precedente amministrazione americana del presidente Barack Obama, in verità, ha cercato attivamente di insabbiarla. Oggi è diventato ancor più difficile affrontare tali questioni – come potrebbe essere stato il piano dall'inizio: neutralizzare ogni discussione sull'Islam prima che potesse iniziare. Daniel Pipes è stato etichettato come "islamofobo" da qualche americano ignorante secondo cui gli islamisti sono soltanto un altro gruppo costituito da "masse oppresse desiderose di respirare la libertà". Purtroppo, molte di quelle masse sembrano essere solo questo. Ma come si può vedere in Europa, un considerevole numero a quanto pare non lo è.
In un tributo on-line a Richard Pipes per il suo 90° compleanno, questo autore ha fatto presente che Richard fu garbatamente schernito dagli studiosi sovietici e denigrato dai suoi colleghi americani. Eppure, come disse Yakovlev, "Pipes aveva sostanzialmente ragione".
In un'occasione, Irene, la donna che Richard sposò nel 1946, e madre di Daniel Pipes, alta, ancora bella e la più importante sostenitrice delle pubblicazioni ebraico-polacche, aggiunse con orgoglio: "Anche Daniel ha ragione".